Sunday, April 3, 2016

Nuove strategie terapeutiche nella trombosi venosa profonda

         
      




La tromboembolia venosa è la terza principale causa di morte vascolare, con una elevata incidenza specie tra gli anziani.
L’incidenza aumenta dall’ 1 su 10.000 persone per anno tra le persone con meno di 40 anni a quasi 1 per 100 persone per anno tra gli ottantenni e ultra ottantenni ( 80 anni ).
Complessivamente più di un terzo dei casi di TVP si presenta in persone con piu’ di 60 anni.
Si stima che all'incirca l'embolia polmonare sia responsabile di 100.000 - 180.000 morti per anno , pur essendo la causa di morte più facile da prevenire nei pazienti Ospedalizzati.
I sopravvissuti all'embolia polmonare spesso hanno come feliquati  una ipertensione polmonare cronica tromboembolica o una sindrome postrombotica.
La prima si manifesta con dispnea, mancanza del respiro, specie sotto sforzo; mentre la sindrome postrombotica anche chiamata " insufficienza venosa cronica " è caratterizzata dalla presenza di danno delle valvole di Valsalva presenti nei vasi venosi degli arti inferiori, con conseguente rigonfiamento a carico delle caviglie e del calcagno e dolore urente alle gambe in toto, in particolare dopo prolungata stazione eretta. In situazioni di grave compromissione del letto vascolare venoso possiamo anche avere ulcere cutanee specialmente localizzate a livello dei malleoli  laterali.
La formazione di trombi a livello arterioso coinvolge principalmente l’omeostasi endoteliale, mentre la formazione di trombi a livello venoso coinvolge principalmente l’omeostasi piastrinica e dei fattori o cellule circolanti, monociti, fattori della coagulazione, fattore tissutale, senza che necessariamente si debba pensare a danno-attivazione endoteliale come primum movens.


                                      

Eziologia
Le nuove conoscenze di fisiopatologia molecolare hanno permesso di chiarire importanti concetti che stanno alla base del processo di formazione del trombo.sia questo a livello venoso o arterioso

Il concetto basilare è naturalmente quello che vede le piastrine circolanti che sono reclutate sulla superficie del vaso danneggiato, dove esse diventano il principale componente dello sviluppo del trombo. Inoltre i fattori della coagulazione  ed in primo luogo il “ fattore tissutale “ prendono pare alla formazione a partire dal fibrinogeno circolante dei monomeri fibrina.
Da un lato fattori che contrastano la formazione dei trombi sono presenti sulla superficie endoteliale e sono:
la produzione di monossido d’azoto ( NO )
Il rilascio di prostacicline
la formazione di enzimi ectonucleotidosici ( CD39 )



Cattura e blocco delle piastrine sulla superficie del vaso danneggiata.
Un ruolo molto importante è svolto dall’esposizione sulla superficie del vaso leso dei monomeri di collageno di tipo III presenti nella membrana basale dei vasi, oltre che dei restanti componenti della matrice extracellulare.
Il collageno tipo III in grado di legare quando esposto ai componenti del plasma al “ fattore di von Willebrand “ attraverso l’interazione tra la glicoproteina piastrinica VI con il collageno e del complesso piastrino formato dalla glicoproteina Ib-V-IX con il fattore di von Willebrand.

Interazione tra le piastrine
La conglomerazione di differenti piastrine è invece mediata dal legame dellì’integrina alfa IIb beta III con il fibrinogeno ed il fattore di von Willebrand.

Attivazione piastrinica

Una ulteriore via dia attivazione pietrifica è però giocata dalla sintesi del fattore tessutale.
Tale fattore tissutale è un analogo di recettori per le citochine presente sulla superficie cellulare sia monocitica, pericitica che endoteliale che è attivo se legato al fattore VIIa. Il fattore tessutale circola libero nel plasma formando microparticelle a struttura vescicolare del diametro inferiore a 100 nm. Tali microparticelle durante la formazione del trombo sono in grado di legare una selectina, chiamata selectina P, espressa dalla piastrine attivate, tramante un controrecettore della selectina P presente sulle microparticelle chiamato PSGL-1.
Il fattore tessutale esiste in due forme una latente che non ha attività procoagulante ed una attiva con attività coagulante. E’ probabile che la dimerizzazione, la riorganizzazione lipidica accanto alla trasformazione della struttura allosterica in particolare dei legami disulfuro presenti nel fattore tessutale influiscano sulla funzione  della proteina. L’enzima PDI rilasciato dalle piastrine e dall’endotelio attivato è in grado di ossidare i radicali tiolici presenti nella forma inattiva del fattore tessutale  e formare ponti disulfuro in grado di spiegare il cambiamento conformazione che permette al complesso fattore tissutale- fattore VIIa di legare e di solo con l’attivazione del fattore VIII e del fattore V, attivare il fattore X.
L’enzima chiamato “ protein disulfide isomerasi ( PDI )  è anche necessario per la rottura e la formazione di nuovi ponti disulfuro tra i residui di cisteina presenti sull’integrina piastrinica alfaIIb beta 3. Tale reazione biochimica è necessaria in quanto le piastrine legate all’endotelio subiscono un transizione di conformazione che aumenta l’affinità delle piastrine ai suoi legandi ( fibrinogeno e fattore di von willebrand ). Non è ancora chiaro il vero ruolo e l’importanza esercitata per l’adesione piastrina dal collageno e dal fattore di von Willebrand, ma è certo che quest’ultimo deve legarsi ad un’altra integrino  chiamata glycoproteina Ib.
Si formano quindi dei veri e propri complessi sinaptici tra le differenti piastrine conglomerate nell’intento di creare uno spazio interstiziale protetto interpiastrinico che stabilizza il trombo.
Tuttavia per formare trombina in quantità sufficiente sono necessari anche il fattore VIII e il fattore V che vengono tuttavia attivati dalla piccola quantità di trombina formata nei primi step di formazione della trombina localmente con formazione del fattore VIIIa e fattore Va.
La trombina è così in grado di scindere il fibrinogeno in fibrina formato un complesso enzimatico con fattore VIIa e successiva cattura delle piastrine con contemporanea lisi sulla superficie piastrina del suo recettore chiamato Protease Activated Receptor 1 ( Par1 ), effettore dell’attivazione pastrinica.
E’ interessante notare che in ratti non in grado di sintetizzare il recettore per la trombina Par4 riescono ugualmente a formare fibrina, anche se la trombina non si puo’ legare al recettore Par1. Tali dati suggeriscono che esistano altre enzimi proteolitici in grado di svolgere l’azione della trombina.


                                   


Le alterazione patofisiologiche che colpiscono gli arti affetti da TVP includono la cosiddetta Triade di Virchow:
infiammazione
Ipercoagulabilità
danno endoteliale
Tali modificazioni della emoreologia vascolare venosa portano ad attivazione di piastrine attivate, che rilasciano microparticelle. Tali microparticelle contengono i mediatori proinfiammatori in grado di legare i neutrofili, e stimolare il rilascio da parte di questi di materiale facente parte del nucleo cellulare e pertanto formare una rete extra cellulare chiamata " traps " extra cellulare di derivazione neutrofila.
Tali formazioni di materiale del nucleo di neutrofili contengono istoni in grado di stimolare l'aggregazione piastrinica e promuovere la generazione di trombina piastrino dipendente.
I trombi di origine venosa si formano e aumentano di dimensioni nel contesto di stasi venosa, bassa tensione di ossigeno, e aumento della trascrizione genica proinfiammatoria.

Stati protrombotici
Esistono situazione in grado di favorire la formazione di trombi venosi; fortunatamente tali situazioni sono abbastanza rare e sono rappresentate da:
mutazioni geniche del Fattore V di Leiden autosomico dominanti che causano resistenza a fattori coagulanti endogeni
mutazioni geniche della Proteina C in grado normalmente di attivare il fattore V ed il fattore VIII della coagulazione
mutazioni geniche del gene codificante per la protrombina, in grado di aumentare la concentrazione di protrombina.
Deficit di Antitrombina III normalmente inibitori della coagulazione
Deficit di Proteina S normalmente inibitori della coagulazione
Sono abbastanza rare e associate a TVE ( tromboembolia venosa )
La sindrome da anticorpi antifosfolipidi è la più comune delle forme acquisite trombofiliche ed è associata con trombosi sia arteriosa che venosa.
Fattori di rischio per la formazione di trombi venosi sono pure il fumo di sigaretta, viaggi aerei di lunga durata, inquinamento atmosferico, bronchite cronica ostruttiva, gravidanza, contraccettivi orali, terapia estrogenica sostitutiva.



Embolizzazione
Quando un trombo venoso si stacca dalla parete della vena dove si è formato, forma un embolo che è destinato a percorrere la circolazione venosa e pertanto raggiunge la vena cava, l'atrio di destra, e il ventricolo di destra. Da qui passa nel circolo polmonare arterioso, causando quindi la " Embolia Polmonare " acuta. Tali trombi talvolta attraverso un forame ovale pervio a livello atriale o un difetto del setto inter atriale possono embolizzare nel letto vascolare arterioso.

Diagnosi Clinica
La diagnosi clinica della Trombosi Venosa Profonda  è caratterizzata dal principale sintomo rappresentato dai “ crampi “ o  da “ dolore acuto al calcagno “ che persiste e si intensifica nel corso di alcuni giorni. Sono stati sviluppati degli “ score “ di stima della probabilita’ clinica  di Trombosi Venosa Profonda e di Edema Polmonare che tengono conto sia della sintomatologia accusata dal paziente che dei fattori di rischio presentati dallo stesso.
Tra questi score quello di Wells’ è forse quello piu’ utilizzato e piu’ validato clinicamente e permette di categorizzare i pazienti sospetti di TVP in tre gruppi:
con Wells 1 : probabilita’ basa di TVP
con Wells tra 1 e 2: probabilità media di TVP
con Wells 3 : probabilita’ elevata di TVP

Diagnosi precoce con Score di Wells
cancro in fase attiva  1
Paralisi e/o paresi o immobilizzazione prolungata 1
Piccola chirurgia > 3 giorni 1
Grossa chirurgia < 4 settimane 1
Localizzata dolorabilità del sistema venoso profondo 1
Gonfiore di tutta la gamba 1
Gonfiore del calcagno > 3 cm 1
Pitting edema 1
Vene superficiali collaterali 1
Storia di trombosi venosa 1
Età 1
Sesso femminile 1
Diagnosi alternativa - 2


Punteggio di Wells per TVP : punteggio > 3 probabilità alta
                                               punteggio 1-2 probabilità media
                                               punteggio 0  probabilità bassa

Il passo successivo è il dosaggio del D-dimero del fibrinogeno nel plasma e l’ecografia a compressione (CUS). Tralasciando per ora i problemi connessi con l’interpretazione corretta dei valori ottenuti dal dosaggio il cui valori di cutoff non sono ancore per nulla chiari essendo fortemente influenzati dal sesso e dall’età del paziente, si puo’ affermare a grandi linee che per i pazienti individuati come moderata di TVP  il passaggio successivo dovrebbe essere il dosaggio di un marker affidabile dell’avveduta trombosi venosa ( per ora i prodotti di degradazione del d-dimero ), mentre i pazienti individuati a probabilità elevata di TVP possono ovviare al dosaggio del D-dimero e devono essere sottoposti a ecodopler degli arti inferiori semplificato come test  di compressione in due punti significativi : alla femorale superficiale inguinale ed a livello della vena poplitea ( CUS test ).

Abbiamo già accennato alla scarsa attendibilità del dosaggio del D-dimero per la diagnosi di TVP. Attualmente il dosaggio è gravato da una elevata sensibilità e da una scarsa specificità, per cui da un gran numero di falsi positivi.
Abbiamo dei cult-off  che variano con l’età ed il sesso essendo piu’ elevato con l’aumentare dell’eta’ e nel sesso femminile.
I falsi positivi del D-dimero sono in effetti un problema di laboratorio importante. Molte patologie risultano positive al dosaggio del D dimero, anche la stessa gravidanza, tuttavia nel dubbio di una TVP, un valore di D dimero non  disabile e pertanto negativo esclude la presenza della trombosi venosa stessa.







Valutazione clinica del rischio trombotico
Tramite sistemi computerizzati di valutazione del rischio trombotico i pazienti sono assegnati a profilassi anti trombotica.

La valutazione del rischio viene stratificata su tre categorie:
rischio basso < 5%
rischio medio 5 -10 %
rischio elevato > 10 %

Fattori di rischio trombotico maggiori:
cancro
pregressa tromboembolia venosa
ipercoagulabilità : fattore V di Leiden, anticorpi antifosfolipidi lupici e anticardiolipina
Fattori di rischio trombotico medi:
interventi chirurgici
Fattori di rischio trombotico minori:
età avanzata
obesità
allettamento
utilizzo di terapia ormonale sostitutiva o anticoncezionale.



Terapia medica

La terapia anticoagulante è indicata nel trattamento del pazienti con trombo embolia venosa (VTE) per ridurre la probabilità di ricaduta di trombosi venosa profonda (TVP) come pure di embolia polmonare (EP).
Più di una generazione di medici hanno avuto a che fare con il trattamento della TVP acuta che utilizzava la terapia anticoagulante per un breve periodo di tempo, usualmente 3.5 giorni ( bridging therapy ) con eparina per via parenterale a basso peso molecolare che veniva sovrapposta al vero e proprio trattamento con antagonisti della K come la warfrina.
Visto la rapida espansione delle conoscenze  sulla eziopatogenesi ed il trattamento della tromboembolia  venosa, risulta importante ed essenziale considerare attentamente come trasportare i nuovi dati scientifici nella pratica clinica.
Gli anticoagulanti (NAO) diretti hanno diversi vantaggi farmacologici nei confronti degli antagonisti della vitamina K, tra i quali una più ampia finestra terapeutica, un inizio di azione rapido, e una emivita più breve che è compresa tra le 7 e le 14 ore in individui sani. Gli anticoagulanti orali diretti sono somministrati a dosi fisse agli adulti senza necessità di monitoraggio con esami di laboratorio; pertanto sono più convenienti della warfrina che richiede il monitoraggio dell' International Normalized Ratio e periodici aggiustamenti del dosaggio. In studi randomizzati con un buon monitoraggio del dosaggio della warfrina, gli anticoagulanti diretti si sono dimostrati non inferiori alla warfrina nel ridurre le recidive di eventi trombotici e addirittura hanno ridotto del 28 % gli episodi di sánguinamento maggiore e del 50% le emorragie intra craniche e fatali.
Diversi studi clinici hanno esaminato l’efficacia dei nuovi anticoagulanti orali, che agiscono inibendo la trombina o il fattore  Xa della cascata della coagulazione.
Purtroppo il sistema nazionale italiano richiede che la prescrizione di tali farmaci per il trattamento della TVP venga effettuata solo dopo valutazione internistica specialistica o di chirurgo vascolare e previa redazione di Piano Terapeutico della validità di 6 mesi al massimo. Non così avviene per il trattamento post chirurgico in seguito a protesi d'anca o del ginocchio dove non è necessario piano terapeutico.

Nello studio RE_COVER i ricercatori nel 2009 hanno valutato la non-inferiorità  di un inibitore diretto della trombina, chiamato DABIGATRAN, sulla  WARFARINA studiando 1274 pazienti affetti da trombosi venosa profonda  o embolia polmonare. I pazienti erano inizialmente trattati per almeno 5 giorni con anticoagulanti per via parenterale ( eparina  frazionata ) e susseguentemente ricevevano o DABIGATRAN o WARFARIN.
Non erano presenti differenze significative tra i due gruppi negli obbiettivi primari composti dello studio che consideravano l’incidenza del ricorso di eventi di trombo embolia venosa sintomatica o decessi causati dalla trombo embolia dopo 6 mesi di terapia.
Non c’erano differenze significative negli episodi di sanguinante maggiorata i gruppi, sebbene l’incidenza di sanguinolento maggiore o di sanguinamento minore clinicamente rilevante era ridotto nei pazienti trattati con DABIGATRAN,
DABIGATRAN, un inibitori diretto del trombina, è stato approvato per l’uso negli Stati Uniti nel 2010 per la prevenzione dello stroke nei pazienti con fibrillazione atriale; tale procedimento è stato rapidamente seguito dall’approvazione degli inibitori diretti del fattore Xa della coagulazione come il RIVAROXABAN, l’APIXABAN  e l’ENDOXABAN nel giro di 5 anni.
Nello studio EINSTEIN-DVT, sono state paragonate l’efficacia clinica e la sicurezza del RIVAROXABAN, un inibitori orale del fattore Xi della coagulazione, con gli antagonisti della vitamina K in 3.449 pazienti da tromboembolia venosa profonda acuta sintomatica. I pazienti venivano divisi in due gruppi scelti a random, un gruppo trattato con dosi fisse di RIVAROXABAN, e un gruppo trattato con antagonisti della Vitamina K preceduta da una “ bridging therapy “ di 3 -4 giorni con eparina frazionata a basso peso molecolare.
Il Rivaroxaban non è risultato inferiore agli antagonisti della vitamin K per prevenire la tromboembolia venosa. Nessuna differenza significativa è stata osservata negli eventi primari di sanguinamento maggiore or minore clinicamente rilevanti.

Nel complesso tali evidenze scientifiche indicano che tali nuovo anticoagulanti orali sono efficaci e sicuri come la WARFARINA o antagonisti della vitamina K similari. Inoltre tali farmaci hanno dimostrato un profilo di sicurezza farmacologica simile se non addirittura superiore, e pertanto possono essere considerati una sicura alternativa alla WARFRINA nel trattamento della tromboembolia venosa acuta.

La spinta per lo sviluppo di tali farmaci proviene dal massiccio uso che si è fatto in questi anni di farmaci anticoagulanti disponibili anche per il trattamento ambulatoriale, vale a dire delle eparina frazionate sottocutanee e degli antagonisti orali della vitamina K. sebbene tali farmaci rappresentino un importante sviluppo della terapia anticoagulante, dubbi sul loro effettivo utilizzo in terapia provenivano dall’assenza, fino a poco tempo fa di antagonisti o antidoti che potessero contrastarne l’azione in caso di sovradosaggio.
Sebbene l'attività della warfrina sia prontamente bloccata dagli analoghi della Vitamina K, dal plasma fresco, da concentrati del complesso protrombinico, gli eventi emorragici maggiori che avvengono in pazienti trattati con warfrina spesso portano a morte. Circa il 10% dei pazienti ospedalizzati per emorragia dovuta all'uso di warfrina muoiono in 3 mesi, e la mortalitá tra i pazienti con emorragia intra cranica di può considerare pari al 50%.  L'alta mortalità è in parte attribuitile alle condizioni coesistenti in tali pazienti. Dati sperimentali suggeriscono che agenti non specifici come concentrati di complessi protrombinici o il fattore VIIa ricombinante possono ridurre l'effetto anticoagulante  degli anticoagulanti diretti in vitro, in modelli animali e in volontari umani. D'altra parte tali sostanze sono di non provata efficacia nel migliorare l'emostasi in pazienti con emorragia grave e trattati con anticoagulanti diretti possono comportare un aumento del rischio di trombosi.



La necessità di antidoti  d’altra parte era stata prontamente avvertita. Due candidati come farmaci antidoti , ADNEXANET ALFA  e CIRAPARATANG sono in svariato stadio di sviluppo, e nell’Ottobre del 2015 , IDARUCIZUMAB, un anticorpo monoclinale umanizzato grado di riconoscere come antigene legare il DABIGATRAN, è stato prontamente approvato dall’FDA per l’utilizzo negli USA.

l’ANDEXANET alfa rappresenta un eccitante nuovo approccio all’inibizione dei farmaci anticoagulanti, La tecnologia ricombinante  genetica è stata utilizzata per creare una molecolare simile al fattore Xa modificata con una mutazione nel sito catalitico in grado di abolire l’attività procoagulante del fattore Xa ma mantiene la struttura nativa. Ciò permette agli inibitori del fattore Xadi legarsi con con grande affinità ed effettivamente neutralizzare la loro attività anticoagulante.Le dimensioni della molecola sono inoltre state sviluppate in modo da prevenire l’interazione con altri fattori della coagulazione.
Tale molecola è pertanto in grado di legarsi sia direttamente agli inibitori del fattore Xa, come il RIVAROXABAN, APIXABAN, EDOXABAN  sia agli inibitori del fattore Xa che agiscono tramite l’antitrombina vale dire al FUNDAPARINUX ed alle EPARINA DI BASSO PESO MOLECOLARE.

Nel 2000 al 2010 trials clinici hanno dimostrato ed evidenziato le linee guida per il trattamento delle malattie vascolari periferiche arteriosclerotiche e della trombosi venosa.
La prossima decade dal 2010 al 2020 ci aspetta con nuove scoperte nel trattamento volto a ridurre il rischio di nuovi eventi arteriosclerotici, di inibire la crescita degli aneurismi aortici, migliorare i sintomi delle malattie arteriose periferiche, e migliorare la prognosi dei pazienti affetti da trombosi venosa ed embolia polmonare.
Possibili vie da investigare sono in particolare l’interazione delle microparticelle contenti il fattore tessutale rilasciato dai macrofagi o dalle cellule tumorali e le piastrine. In particolare si potrebbe ipotizzare l’inibizione del legame tra la selectina P e il recettore PSGL-1 nel tentativo di bloccare l’accumulo delle microparticelle derivati dai monoliti nello sviluppo del trombo. Altro punto debole potrebbe essere il blocco del fattore XI. Tale razionale terapeutico sarebbe in particolare utile nel caso di integrità dell’endotelio e nelle forme di trombosi legate al cancro.
La terapia ideale per la trombosi venosa profonda dovrebbe essere in grado di inibire il processo di formazione del trombo senza alterare l’emostasi





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